Andrea Coccia (giornalista, cofondatore di Slow News e amico di Ciclostile) ci omaggia di un’introduzione speciale alla sua traduzione in italiano del saggio di André Gorz “L’idéologie sociale de la bagnole” (Le Sauvage, 1973).
Nel settembre 2020 Ciclostile ha presentato assieme ad Andrea il suo pamphlet Contro l’automobile (Eris Edizioni, 2020), pagando simbolicamente il parchimetro per due stalli auto in Piazza Mostra.
C’è un aneddoto che si racconta da decenni, che rappresenta la migliore metafora del rapporto tra l’automobile, noi e il mondo che ci circonda. Riguarda Henry Ford, la sua prima protoautomobil e il suo garage, in Bagley Street a Detroit.
Era il 1896 e Henry Ford, quello che poi divenne il fondatore dell’impero Ford e uno dei più importanti artefici della diffusione dell’automobile nel mondo, da ormai 4 anni stava cercando di trovare il modo di far funzionare il suo quadriciclo a gas.Il giorno in cui ci riuscì, però, Ford si rese conto che il suo quadriciclo era troppo grande per poter uscire dalla porta del suo piccolo garage di Bagley Street e, con tutta la naturalezza del mondo, piuttosto che adattare il suo veicolo alla realtà e alle infrastrutture che aveva intorno, Ford decise di lasciare la macchina così com’era e distruggere la realtà e le infrastrutture che aveva intorno per modellarle sulla dimensione della macchina che ormai aveva costruito.
È solo un racconto. Potrebbe anche non essere completamente vero. Ma resta una metafora molto acuta su che cosa sia veramente l’automobile: uno strumento che non è adatto al mondo, ma che ha imposto al mondo e a tutti noi di cambiare per adattarsi a esso. L’ha fatto attraverso una operazione che in Contro l’automobile ho chiamato Inception, e che è servita a imporre quella che André Gorz, già nel 1973 sulla scorta di Énergie et équité di Ivan Illich, riconobbe e descrisse in un lungo articolo intitolato L’ideologia sociale della macchina. Ho recentemente tradotto l’articolo di Gorz, e inserito nella serie Realismo automobilista, su Slow News. Ne potete leggere un estratto qui sotto.
Andrea Coccia
«Il vizio profondo delle macchine è che sono come i castelli o le ville in costiera: dei beni di lusso inventati per il piacere esclusivo di una minoranza di ricchissimi e di cui nulla, nella loro concezione e nella loro natura, era destinato al popolo.
A differenza dell’aspirapolvere, del telegrafo o della bicicletta, che mantengono completamente il loro valore d’uso anche quando tutti ne hanno uno a disposizione, la macchina, come la villa in costiera, non ha interessi né vantaggi che dalla misura in cui la massa non ne ha accesso.
Per questo, nella sua concezione come per la sua destinazione originale, la macchina è un bene di lusso. E il lusso, per sua stessa essenza, non si può democratizzare: se tutto il mondo ha accesso al lusso, nessuno ne può più trarre vantaggio; al contrario, tutti si spostano, frustrano e impoveriscono gli altri e, in cambio, vengono spostati, vengono frustrati e vengono impoveriti da tutti gli altri.
Quando si parla di ville in costiera, ciò è comunemente accettato. Nessun populista ha ancora osato fingere che democratizzare il diritto alle vacanze sia mai stato applicare il principio: una villa con spiaggia privata a ogni famiglia francese. È chiaro a tutti che se ognuna delle tredici o quattordici milioni di famiglie francesi avesse un accesso al mare di anche solo 10 metri, servirebbero 140mila chilometri di spiagge per poterlo assicurare a tutti!
Assegnare a tutti la propria porzione significherebbe tagliare le spiagge in parti così piccole, o schiacciare le ville una sull’altra, che il loro valore d’uso diverrebbe nullo e sparirebbe il loro vantaggio rispetto a una stanza di albergo. Insomma, la democratizzazione non ammette che una sola soluzione: la soluzione collettivista. E questa soluzione passa obbligatoriamente per la guerra contro il lusso costituito in questo caso dalle spiagge private, privilegio che una piccola parte si concede sulle spalle di tutti.
Ora, perché quello che è perfettamente evidente per le spiagge, non è comunemente accettato per i trasporti? Una macchina, esattamente come una villa con accesso al mare spiaggia, non occupa uno spazio scarso? Non spoglia gli altri utenti della strada (pedoni, ciclisti, passeggeri di tram o di bus)? Non perde forse ogni valore d’uso quando tutti utilizzano la propria? Eppure ce ne sono di populisti che affermano che ogni famiglia dovrebbe averne almeno una e che compete allo “Stato” fare in modo che ognuno possa parcheggiare dove gli pare, andare a 150 km/h sulle strade del weekend o delle vacanze.La mostruosità di questa ideologia salta agli occhi e ciò nonostante la sinistra non si degna di ricorrervi. Perché la macchina è trattata come una vacca sacra? Perché, a differenza degli altri beni “privati” essa non è riconosciuta come un lusso antisociale?»
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(Foto di copertina di carlovenson da Pixabay)